Le vediamo nei giardinetti delle nostre città, sedute sulle panchine una accanto all’altra, intente a chiacchierare tra loro, parlare al cellulare o semplicemente riposarsi. Le vediamo spingere carrozzine di anziani invalidi, tenere per la mano un bambino con lo zainetto della scuola o sorreggere buste di spesa e indumenti. Sono sempre loro: le “badanti”, le “colf”, le “assistenti familiari” o qualsiasi altro nome più o meno ufficiale, più o meno dignitoso vogliamo utilizzare per descrivere le donne che crescono i nostri figli e curano i nostri anziani.
I dati Censis stimano che siano un milione e seicento mila in Italia e provengono principalmente da Romania, Ucraina e a seguire Filippine, Moldavia, Marocco, Perù, Polonia e Russia. Sono donne che lasciano tutto e tutti nella speranza di dare a distanza una vita migliore alle proprie famiglie.
Ma ci siamo mai fermati a pensare ai loro sentimenti? Ci siamo mai fermati a pensare ai loro cari, ai loro figli, bambini e adolescenti a volte lasciati di nascosto durante la notte per la sofferenza di doverli salutare e chissà quando rivederli? Abbiamo mai pensato al bambino che la mattina seguente si sveglia e non trova più la sua mamma, l’aspetta ma lei non torna, nel frattempo cresce e lei non lo sa?
La maggior parte dei bambini rumeni rimasti orfani di mamma e che vivono nelle zone rurali e più svantaggiate, vengono, nei migliori dei casi, cresciuti dai padri o dalle nonne, ma nel peggiore dei casi affidati a istituti e orfanotrofi. Questi bambini definiti “orfani bianchi” sono il 7% della popolazione e hanno tra 0 e 8 anni. Sono 350.000 in Romania e 100.000 in Moldavia secondo l’Unicef. Sono traumatizzati, frustrati e vogliono le loro mamme. Quando non sono in grado di reggere la distanza che non è facilitata neanche da supporti tecnologici come i computer a causa delle ristrettezze economiche familiari, si demoralizzano e si suicidano. Pensano così di riavere indietro le loro mamme e di non dover soffrire più.
Ecco il trailer di un interessante documentario dedicato a loro, ai bambini che aspettano invano che le loro mamme tornino: “Home alone. A Romanian tragedy”
FONTE: www.momentozero.eu