
Dal nostro corrispondente Mohamed Boumaaraf
Algeria. Mohamed Boumaaraf, giornalista algerino ha intervistato il romanziere Hadj Ahmed Seddik Ziwani, autore di “Camarade, le compagnon de l’injustice et de l’égarement” (trad. “Camarade, il compagno dell’ l’ingiustizia e della perdita”) per Noi MondoTV.
Chi é Seddik Ziwani ?
Sono un uomo del sud, nato e cresciuto in una palazzo di fango dimenticato nella regione di Adrar, nell’ Algeria meridionale. Ho compiuto i primi studi nella mia terra natale, per poi continuarli e terminarli con un Dottorato in Linguistica presso l’Università di Algeri nel 2010. Attualmente sono docente di Linguistica e Filologia all’Università africana di Adrar e contemporaneamente scrivo romanzi. Ho scritto due opere , la prima si chiama “Le Royaume de Ziouane“ (trad. “Il Regno di Ziwan”) e la seconda “Camarade, il compagno dell’ l’ingiustizia e della perdita” .
Il suo primo romanzo, “Il Regno di Ziwan” sembra una storia antropologica sugli usi e la cultura della sua regione natale nel sud algerino. Come è nato il romanziere accademico ?
Naturalmente il talento è il fondamento di tutto, così come la lettura, che resta un fattore determinante. Penso che l’Accademia mi abbia insegnato molto a livello di scrittura, soprattutto l’indirizzo di critica e linguistica: non vedo un conflitto tra il sé creativo e quello accademico a condizione che vi sia il genio del talento e riferendomi all’Italia Umberto Eco ne è forse la miglior prova.
Il suo secondo romanzo lo ha chiamato ”Camarade”, una parola con un forte significato per gli immigrati africani, come è nata l’idea ?
Nella nostra regione di Adrar, passaggio strategico di convogli di africani, la parola “camarade” è diventata con il tempo un loro termine specifico, anche coloro che non comprendono il francese la usano, compresi gli africani anglofoni che l’ hanno accettata nonostante non fossero più di tanto convinti. Personalmente lo trovo molto significativo: per loro significa vivere insieme il sogno e la sofferenza del viaggio.
Il fatto che viene dal grande sud algerino potrebbe averla marginalizzata un poco, ma al contempo le ha dato il vantaggio di essere vicino all’ Africa e di poter aver l’ispirazione per scrivere un romanzo come “Camarade”. E’ così?
A volte odio il mio destino chi mi ha gettato nell’estremo sud della geografia algerina lontano dal centro. D’altrocanto però questa marginalità nella sabbia dell’estremo sud mi ha dato così tante cose che non avrei potuto ottenere se fossi stato nel nord. Essere vicino al Mali e al Niger mi ha aiutato a conoscere la cultura africana, tanto da aver scelto di studiare per la mia tesi di laurea un personaggio del deserto del Mali.
Il romanzo “Camarade” ha ricevuto un buon successo localmente e nel mondo arabo, se lo aspettava ? E che dire di un’eventuale sua traduzione in altre lingue ?
Ne sono felice, forse perché ho toccato un mondo dimenticato dell’Africa. Sfortunatamente però, nonostante la sua ricchezza il romanzo non ha ricevuto molto spazio in Africa. Per me era quasi un dovere scrivere il romanzo « Camarade » perché il problema degli immigrati africani è presente oggi in tutti i telegiornali del mondo e rappresenta una sfida difficile con ripercussioni politiche, economiche e culturali. Quanto alla traduzione aspetto alcune proposte soprattutto per le principali lingue europee: inglese, francese, italiano e spagnolo .
Alcuni vedono in ”Camarade” la prova che la letteratura può aiutare a capire i problemi che vive il mondo oggi soprattutto se questo mondo manca dell’ aspetto umano. Siamo circondati da essere umani tutti uguali con tanti sogni anche diversi nei colori e nei paese .
Il romanzo è uno spazio che accoglie vari contenuti fatti di percorsi di conoscenza che possono smantellare la realtà e ricostruirla da nuova, per poi fare un’ ipotesi anche con lo strumento dell’ immaginazione .
La storia di “Camarade” inizia con un regista annoiato e con il famoso festival di Cannes. Poi la decisione di cercare una vera storia in un paese povero e la scelta del Niger, il paese “più povero del mondo”. Da qui l’incontro con Mamadou chi gli racconta il suo tentativo per raggiungere “il paradiso europeo”. Si capisce bene che si tratta di un film in un romanzo, che molti vedono facilmente trasposto al cinema. Che cosa ne pensa?
Sono d’accordo al cento per cento, ho immaginato la storia dall’inizio come un film e il lettore può notarlo tanto che il mio obiettivo era di aiutare il lettore a leggere ma anche a vedere il viaggio di Mamadou e dei suoi “camarades”. L’università mi aveva dato una borsa di studio per la Francia però io ho scelto il Niger per vedere e vivere da vicino l’ ambiente del mio romanzo. In quell’occasione alcuni amici hanno pensato che fossi pazzo.
Che cosa significa l’Africa per lei ?
Significa il paradiso vero, è Mamma Africa, un mondo strano e sconosciuto ma anche familiare, impressionante e pieno di leggende .
Dopo solo due romanzi lei è diventato un nome interessante nella letteratura algerina, qual è la ricetta per diventare un buon scrittore?
Leggere e ancora leggere. Inoltre è necessario avere esperienze di vita senza dimenticare la conoscenza dello scrittore di se stesso e del suo ambiente. Tutto questo aggiunto ad un’alta dose di pazienza può portare ad un’opera di valore.
Un desiderio ?
Spero che il mio romanzo possa essere un aiuto umano per l’ Africa che soffre di tutto …